LE METEORE DI KALAMBAKA

Lo sapevate che in Grecia, precisamente in Tessaglia, c’è un posto magico in cui ci si sente in Paradiso? Ebbene si, questo posto è costellato di meteore e si raggiungono facilmente. Si chiamano infatti meteore i monasteri sospesi sugli speroni rocciosi di questo particolare paesaggio.

I MONASTERI ‘SOSPESI NELL’ARIA’: METEORE

A circa 300km a nord di Atene dopo aver superato lo storico passo delle Termopili si giunge in uno spettacolare scenario composto da speroni rocciosi che salgono verso il cielo. In cima a queste rocce si scorgono meravigliosi monasteri, mentre alla base di questo paesaggio si trova il paesino di Kalambaka.

Monastero di San Nicola

Da Kalambaka si possono raggiungere le meteore sia in macchina che a piedi, ci sono tanti punti panoramici dai quali scorgere tra le rocce i monasteri nascosti.

E’ possibile anche visitare i monasteri tenendo presente gli orari di apertura che cambiano tra estate e inverno. Fortunatamente, il primo monastero che ho incontrato lungo la strada, il monastero di San Nicola, era ancora aperto e ne ho approfittato per visitarlo. Dopo aver utilizzato ripide scalette ricavate nel terreno e che tagliano i tornanti della strada asfaltata ho raggiunto la base del monastero. Da qui altri gradini in pietra mi hanno portato all’ingresso e permesso di scoprire i tesori custoditi in questi posti. Le sale interne sono meravigliosamente affrescate e come in tutti i monasteri la cultura è custodita e tramandata, i manoscritti sono esposti nei piccoli musei interni alle meteore.

LA SALITA ALLA METEORA

Monastero di Varlaam

Una delle tante cose curiose di queste meteore è, ancora oggi, il modo in cui i monaci fanno giungere viveri e beni di prima necessità senza dover salire e scendere ogni volta per raggiungere la strada.

Ci sono infatti delle torri adibite proprio all’utilizzo di carrucole o vere e proprie funicolari, come quella del monastero di Varlaam.

Fino agli inizi del secolo scorso, cioè prima che venissero scavati gradini nella roccia, anche i monaci stessi venivano issati nel vuoto da questi sistemi. Un video molto interessante che proiettano all’interno del museo del monastero di Varlaam testimonia proprio questo. I monaci usufruivano di queste carrucole agganciandosi alla fune con solide corde intrecciate come reti da pesca in cui si adagiavano. All’arrivo i monaci che erano impegnati come muli a fare ruotare il meccanismo che arrotolava la fune nel momento in cui vedevano comparire il ‘carico’ lo adagiavano su una pedana e lo slegavano dall’imbragatura.

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